Capire cosa misurare e come farlo non è mai stato semplice. Nel momento in cui ho iniziato a impostare e valutare gli impatti ambientali dei miei prototipi, mi sono resa conto che i dati prodotti non restituiscono la realtà, ma solo una sua possibile interpretazione. Tra ipotesi, stime e margini di incertezza, il punto di partenza è diventato un altro: chiedermi che peso dare alle diverse componenti. Ogni peso assegnato a una fase o a un criterio riflette una priorità. Non è un errore: è una dichiarazione di prospettiva. Aver chiaro un metodo mi è servito proprio a rendere visibili queste scelte. Mi sono accorta che le emissioni, i consumi o i margini di miglioramento non possono essere letti in modo uniforme: cambiano in rapporto alla scala e alla funzione di ciascun attore della filiera. Per una microimpresa o un laboratorio, il primo impatto positivo è spesso la continuità del lavoro o l’inclusione sociale, elementi che non appaiono nei numeri, ma incidono sul bilancio reale della sostenibilità.
Individuare i pesi delle componenti di filiera serve a far emergere le priorità, non a generare classifiche. È un modo per dichiarare dove guardiamo, non per dire chi ha ragione. Mi sono felicemente imbattuta nel lavoro della studiosa Veronica Bates Kassatly, che ha riflettuto con grande lucidità su questi temi. Nei suoi interventi, sottolinea come la ponderazione nei modelli ambientali non sia mai neutrale, ma rifletta inevitabilmente scelte culturali, politiche e sociali. La sua lettura mi ha colpita perché invita a una forma di indagine e onestà intellettuale: riconoscere che i metodi non sono infallibili, ma aperti al cambiamento e al confronto.

Nel mio caso, questa esigenza di chiarezza è nata anche come risposta alla complessità della filiera tessile e moda, lunga, frammentata e spesso opaca. Dichiarare i criteri, rendere esplicite le stime e visibili le ipotesi di lavoro è stato un modo per attraversare la complessità, non per semplificarla.
La trasparenza non mi serve per dare certezze, ma per permettere a chi legge il dato di capire come è stato ottenuto e, se vuole, di metterlo in discussione.
Il framework United Separable / Minimal Path Project è oggi completato nella sua parte tecnica, ma ne sto curando il racconto. Perché lo scopo che mi sono data non è chiudere un tema o valorizzare una formula, ma continuare a farmi domande e rendere le mie scelte più consapevoli.

